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L'Italia spierà dal Tibet
le esplosioni dell'universo

Un osservatorio grande come un campo da calcio costruito vicino a Lhasa per captare la pioggia di raggi gamma

CLAUDIA DI GIORGIO

ROMA - Un tappeto di "occhi" ultrasensibili scruterà il cielo dall'altopiano del Tibet, a caccia delle sorgenti dei misteriosi "lampi" di raggi gamma. E sono occhi italiani, poiché l'esperimento è realizzato dal nostro Istituto nazionale di fisica nucleare, in collaborazione con le istituzioni di ricerca cinesi. E' stato proprio Enzo Iarocci, presidente dell'Istituto, a presentare ieri a Roma ArgoYbj (Astrophysical radiation with groundbased observatory at YangBaJing) insieme al responsabile dell'esperimento, il professor D'Ettorre Piazzoli. Argo, che verrà inaugurato il 4 giugno prossimo e sarà completo nel 2004, rappresenta un'importante novità nel settore della fisica delle astroparticelle, una disciplina relativamente nuova ma di grande fascino e ricca di promesse, che studia il cosmo attraverso radiazioni diverse da quella luminosa, indagando su alcuni dei fenomeni più enigmatici dell'universo.
Situato alle alte quote tibetane per attenuare l'assorbimento atmosferico Argo è stato appositamente progettato per la rivelazione dei cosiddetti "sciami atmosferici estesi", una pioggia di particelle che investe il nostro pianeta quando i raggi cosmici colpiscono gli atomi dell'atmosfera. È composto da uno strato di 1.900 sottilissimi rivelatori, dotati complessivamente di 18.500 elementi sensibili, stesi come un tappeto su un'area di quasi 6500 metri quadrati. Una batteria di "occhi" grande quanto un campo da calcio, insomma, capace di restituire una dettagliata fotografia spaziotemporale dello sciame. Migliaia di particelle arrivano alla velocità della luce quasi contemporaneamente, e si distribuiscono su migliaia di metri quadrati: raccogliendo i dati osservati dalle strumentazioni di Argo, una misurazione accurata dell'evento permette di ricostruire la direzione della particella iniziale, e quindi di risalire alla sorgente della radiazione.
E queste sorgenti incuriosiscono parecchio gli scienziati, poiché ai raggi gamma sono associati processi che coinvolgono altissime energie, come le stelle di neutroni, i buchi neri o i quasar. Ed è studiandole che si spera di svelare il mistero dei "Gamma Ray Bursts", ovvero getti di raggi gamma, sconvolgenti esplosioni che appaiono e scompaiono nell'arco di una manciata di secondi, o al massimo di qualche minuto, ma ciascuna delle quali emette una quantità di energia pari a quella di tutte le altre sorgenti gamma dell'universo. Oggi, la sensibilità degli strumenti a disposizione degli scienziati ne fa registrare anche uno al giorno, ma quando furono osservati per la prima volta, verso la fine degli anni ‘60 dai satelliti dell'aviazione militare degli Usa, vennero scambiati per test nucleari sovietici.
E' stato un satellite italiano, il "Beppo Sax" a localizzare per primo, nel 1997, volta la sorgente di un Gamma Ray Burst, ma benché esistano diverse teorie sulla loro origine (si pensa ad una collisione tra stelle di neutroni, oppure al collasso delle mastodontiche ipernovae), il meccanismo che li genera è ancora tutto da scoprire. Come dice Franco Pacini, direttore dell'osservatorio astronomico di Arcetri, «con gli occhiali giusti per captare i raggi gamma, nell'Universo si vedranno i fuochi d'artificio». Forse a mostrarceli saranno proprio i sensibilissimi occhi di Argo, che come il mostro della mitologia greca sa vigilare instancabile sul cielo ad ogni ora del giorno e della notte.